LA GUIDA DEFINITIVA AL FAST PACKING

LA GUIDA DEFINITIVA AL FAST PACKING

Storie Experience

LA GUIDA DEFINITIVA AL FAST PACKING

Come organizzare un'avventura in montagna: la migliore attrezzatura, la pianificazione del percorso, l'alimentazione.

Il concetto alla base del trekking veloce o speed hiking o fast packing è quello di muoversi velocemente, appunto, per coprire maggiori distanze in meno tempo. Per farlo bisogna avere uno zaino leggero: sembra semplice ma non lo è.

Nell’agosto del 2021, approfittando alcuni giorni senza la famiglia, ho deciso di riempire lo zaino e andare a trovare degli amici dall’altra parte delle Alpi senza usare l’auto, in autonomia.

Dopo 15 anni di gare di ultratrail, avevo bisogno di lentezza, di percorre chilometri senza fretta prendendomi il tempo per guardarmi intorno e di assaporare ogni momento di quell’esperienza.

Sei giorni non sono molti per una vacanza ma sono sufficienti per un’avventura in montagna con le proprie gambe.

Questo è quello che ho imparato, soprattutto dai miei errori, in quei 250 chilometri e 10.000 m di dislivello.

Sono partito dall’Engadina, sono andato sulle Orobie al rifugio Brunone e sono tornato in Engadina. Non essendo sicuro di trovare posto nei rifugi con le limitazioni dovute alla pandemia, mi sono portato dietro una mini-tenda e un sacco a pelo leggero.

Avevo a disposizione solo uno zaino da 55 litri, molto grosso e ingombrate, comodo per il carico pesante ma non estremamente pratico per correre i tratti piani e le discese. Avrei dovuto optare per uno zaino più leggero e alto in vita, ma non lo avevo con me. Come oramai da qualche anno la temperatura è molto alta e più che l’attrezzatura è importante avere sempre una buona quantità di acqua a disposizione. In montagna l’acqua non è quasi mai un problema ma non conoscendo i possibili punti di approvvigionamento ho viaggiato quasi sempre con un litro d’acqua, sufficiente per almeno tre ore di cammino. Avevo inoltre una buona scorta di cibo che ho integrato fermandomi a mangiare o con acquisti lungo il percorso.

Viaggiando a ritmo lento il consumo calorico è stato prevalentemente lipidico e non glucidico come, invece, avviene quando si corre. La mia riserva di cibo, come ho imparato alla Marathon des Sables, era costituita essenzialmente da prodotti ad alto rapporto calorie/peso a base di grassi e proteine: frutta secca, frutta disidrata, carne secca, parmigiano e qualche barretta. Cibi ricchi di sali per compensarne la mancanza nell’acqua di montagna. Dopo alcuni esperimenti, il mio mix preferito è stato senza dubbio: Beef Jerky, papaya disidratata e anacardi.

La prima notte ho dormito all’aperto senza montare la tenda, il clima mite, l’abbigliamento che avevo con me e il sacco a pelo sono stati sufficienti per dormire sotto un letto di stelle sdraiato su una panca vicino ad una baita disabitata. Il secondo giorno dopo aver raggiunto il Passo del Bernina (2235 m) e aver mangiato due fette di torta a Cavaglia lungo la Via Valtellina, ho cercato di non scendere troppo verso Poschiavo, attraversando il confine tra la Svizzera e l’Italia al Passo d’Ur (2495 m) e proseguendo per il Passo di Camagneda (2628 m).

La zona di confine si è rivelata meravigliosamente selvaggia, con paesaggi d’alta montagna dove non ho incontrato nessuno per tutto il pomeriggio.

In salita, con il carico sulle spalle, mi muovevo molto lentamente. La discesa, al tramonto, corricchiando verso la Valmalenco è stata una liberazione e sono riuscito ad arrivare per cena al Rifugio Cristina a Pratobello in Valmalenco, dove ho potuto fare una doccia e cenare comodamente.

La mattina seguente, dopo essere salito al Passo degli Ometti (2767 m), non ho resistito, ho lasciato lo zaino dietro una roccia e sono salito al Pizzo Scalino (3323 m). Mi sono velocemente reso conto che per recuperare questa divagazione fuori programma avrei dovuto correre tutta la discesa verso Sondrio ma l’occasione era troppo ghiotta e l’idea di salire leggero senza lo zaino troppo allettante.

Ho percorso tutta la Val di Togno attraverso sentieri, oramai, abbandonati alla ricerca di un rifugio o riparo per quando sarei ripassato tra qualche giorno. Purtroppo, il Rifugio Bruno De Dosso era chiuso e il Rifugio Val di Togno è stato acquistato da una famiglia belga che lo sta ristrutturando. Gli alpeggi che ho incontrato erano molto sporchi e in condizioni igieniche precarie. Preoccupato di non trovare una sistemazione per dormire durante la tappa di ritorno, ho temuto di dover cambiare i miei piani. Con un tempismo perfetto, sono arrivato a Sondrio alle 13:30: c’erano 35° e avevo un ritardo di almeno un’ora. Ho fatto una veloce sosta in un bar (con aria condizionata) per mangiare un panino e fare scorta di liquidi. Più di 20 km e 2500 m di dislivello positivo mi separavano del Passo della Scaletta sopra il Rifugio Brunone.

La risalita dalla parte opposta della valle è stata estenuante, faceva molto caldo e la pendenza non mi ha permesso di correre, potevo solo limitare le soste per non accumulare ulteriore ritardo e camminare più velocemente possibile.

Il percorso che avevo tracciato seguiva la Val Caronno e passava per il Lago di Scais lungo la via utilizzata per costruire la centrale elettrica alimentata dal lago. Finalmente, complice un’altitudine maggiore e alcune gallerie la temperatura è diventata più accettabile e ho ricominciato a correre.

Mi rendevo conto di essere più lento del previsto e che se avessi continuato così avrei dovuto optare per il piano B che consisteva nel fermarmi solo una notte al Brunone e nel cercare un posto intermedio dove dormire il giorno successivo. Nel frattempo, per cercare di spezzare questa lunga tappa al ritorno, ho chiamato un paio di B&B per sapere se avessero posto di lì a due giorni ma tutti erano pieni nella settimana di Ferragosto, allora, quasi disperato, ho chiamato il numero del Rifugio Mambretti. Mi ha risposto il responsabile dei rifugi CAI della Valtellina che, molto dispiaciuto, mi ha spiegato che tutti i rifugi erano puliti e pronti ma un’ordinanza gli vietava di aprirli.

Di solito quando corro e vedo le indicazioni temporali sui cartelli del CAI so che in salita ci metto la metà del tempo indicato e in discesa un terzo. Invece, ci stavo mettendo quasi lo stesso tempo e quando intorno alle 16 ho visto il cartello che indicava 4 ore e 30 al Passo della Scaletta ho capito che ero molto in ritardo. Dopo una breve sosta per togliermi lo zaino dalle spalle e mangiare qualcosa ho affrontato la parte più difficile della salita. Sarei arrivato sicuramente dopo le 20, forse le 21. Avevo quasi finito l’acqua e il caldo mi aveva stremato. Non ero più sicuro dei miei calcoli e avevo l’ansia di avvisare i miei amici al Rifugio ma il telefono non prendeva. Sono salito a testa bassa concentrandomi sul mio passo invece che sul percorso da seguire, tanto la strada la conosco mi dicevo in quanto veniamo spesso alla Baita di Caronno a prendere le formaggelle per il Rifugio. Infatti, complice la stanchezza e la fretta, ho sbagliato “sentiero”.

Il passo delle Scaletta (2530 m) si raggiunge passando per una pietraia che poi si incanala in una stretta valle da dove parte la via ferrata. Solo che lo scioglimento della neve sposta inevitabilmente le pietre con i pochi segnavia che ci sono e la via non è molto frequentata da lasciare segni evidenti di passaggio. Quando sono stato costretto a lanciare lo zaino sopra una roccia per poterla scalare mi sono ravveduto e mi sono reso conto che anche la seconda via in cui mi ero ficcato non era quella giusta. Abbastanza provato mi sono diretto verso la terza e ultima valle più a destra dove finalmente ho trovato la via ferrata. Non me la ricordavo particolarmente impegnativa anche con 20 Kg di formaggelle sulle spalle ma mi è sembrata estremamente difficile. In alcuni passaggi sui pioli in ferro mi tremavano le gambe e dovevo issarmi a forza di braccia.

Quando ho visto il cielo più chiaro sopra la mia testa sapevo che mancava poco e a breve sarei dovuto solo scendere verso il Brunone. Superare il passo è stata una liberazione, stava venendo buio, cercavo di correre facendo attenzione a non farmi travolgere dallo zaino che spingeva sempre nella direzione opposta alla mia. Finalmente ho visto le luci del Rifugio. Arrivare in un rifugio è sempre bello. Si prova quella sensazione di essere in salvo, come quando in barca dopo una traversata con mare grosso si arriva, finalmente, nelle acque calme del porto. Ma quando si arriva da amici che ti stanno aspettando è ancora più bello. Raccontando le mie disavventure ho mangiato con Marco, lo storico gestore del rifugio, e gli amici che avevano appena finito di servire gli ospiti. Dopo cena ci siamo goduti la stellata estiva sdraiati su una roccia e finalmente mi sono rilasso.

Il giorno dopo il mio amico Roberto e Marco volevano salire al Redorta (3039 m). Ho dovuto decidere se ripartire o andare con loro. Ho chiamato il Rifugio Cristina e, fortunatamente, mi hanno confermato che potevano mettermi in una casetta vicino al rifugio. Ero consapevole che la tappa di ritorno sarebbe stata altrettanto dura, ma, ciò nonostante, ho deciso di prendermi un giorno di “pausa” e salire con loro all’alba. La giornata è stata magnifica e dal Pizzo si vedevano praticamente tutte le Orobie.

Il giorno successivo, con un po’ di dispiacere, ho lasciato gli amici e sono ripartito in direzione opposta. Il passo della Scaletta anche in discesa con lo zainone si è rivelato non banale ma perlomeno ero ancora fresco. Ho corso il più possibile per non arrivare a fondo valle con il caldo ma nonostante i miei sforzi la risalita dalla parte opposta delle Valtellina con il sole sulla testa si è fatta sentire. Per non fare lo stesso percorso dell’andata ho cercato di fare un sentiero a mezzacosta sul lato destro della Valmalenco. Pur essendo indicato sulle cartine, in alcuni tratti era in disuso e mi è toccato togliere lo zaino per passare attraverso i buchi fatti dai cinghiali nei rovi, le ortiche mi arrivavano alle cosce.

Dopo non pochi improperi sono riuscito a venirne fuori e in prossimità di alcune case abbandonate ho trovato una fontana a cui mi sono fermato per rinfrescarmi. Anche in questo caso ho perso tempo sulla tabella di marcia. Mancava ancora molto ed era tutta salita fino a Pratobello. Mi sono concesso una piccola deviazione fino al paese sottostante per prendere un gelato, volevo, assolutamente, un gelato confezionato! Ho trovato il tanto agognato gelato quando mi sono accorto che il bar era alla fine del sentiero del fondo valle, in pratica ero salito per evitarlo e mi ci sono ritrovato ugualmente. Ho fatto scorte di schifezze e sono riparto senza perdere altro tempo. Il sentiero sale praticamente verticale e avanzavo lentamente.

Quando sono arrivato in quota la vista sulla Valmalenco era bellissima e la serata meravigliosa. Non ero sicuro di poter fare una doccia al rifugio così poco prima di arrivare mi sono lavato ad una fontana con il nostro sapone solido fatto con 100% di ingredienti naturali di origine vegetale. Quando sono arrivato mi sono fiondato a tavola e, solo dopo aver riempito lo stomaco ormai vuoto, sono uscito per fare due foto alle montagne al tramonto.

Il quinto giorno, per non fare esattamente il percorso dell’andata ho scelto di attraversare il confine tra Italia e Svizzera per il Passo del Confinale (2626 m), la vista sul Bernina era magnifica anche se il ghiacciaio è, ormai, in pessime condizioni.

Questa via si è rivelata più piacevole e forse anche più breve di quella che avevo fatto qualche giorno prima. Sono ridisceso verso Poschiavo per poi risalire al Passo del Bernina dove ho preso un bel temporale che mi ha rinfrescato. Dopo aver messo via i bastoncini per evitare di attirare i fulmini, mi sono coperto con i pantaloni antivento, la maglia a maniche lunghe e la giacca impermeabile. Durante un temporale in alta quota la temperatura può scendere anche di dieci gradi in pochi minuti.

Ancora una ventina di chilometri mi separavano dalla meta ma essendo tutti in leggera discesa li ho corsi quasi tutti nonostante lo zaino che mi ha lasciato dei lividi e delle escoriazioni sulla schiena. Non volevo fare tardi perché il giorno seguente sarei dovuto tornare a Milano in bicicletta.

Durante tutto il viaggio ho potuto testare i nuovi bermuda ZION, leggeri ed estremamente confortevoli.

ATTREZZATURA

In base all’esperienza acquisita, a nostro avviso, la migliore attrezzatura in termini di prestazioni/peso è la seguente:

-1 paio di scarpe basse leggere, ammortizzate e con un buon grip, probabilmente il modello più indicato rimane la Mafate Speed di Hoka 295 gr.

-1 zaino da 25/35 litri con borracce frontali, tipo:

-3 soft flask da 500 ml 3x38gr.

-1 giacca imbottita con cappuccio Patagonia Micro Puff Hoody 298 gr.

-1 giacca antivento Lava Wild Tee 93 gr.

-2 t-shirt Wild Tee 2x105 gr.

-1 maglia a maniche lunghe Wild Tee 125 gr.

-1 tubolare multifunzione Wild Tee 30 gr.

-1 cappello Endurance Wild Tee 25 gr.

-1 paio di Bermuda Wild Tee 220 gr.

-1 secondo strato Wild Tee 160 gr. (disponibile a breve)

-1 paio di joggers lunghi Wild Tee 240 gr. (disponibili a breve)

-1 giacca con cappuccino in Goretex Arcterix Norvan LT Hoodie 190 gr.

-1 paio di pantaloni antivento Salomon Bonatti Waterproof 123 gr.

-1 paio di guanti Wild Tee 40 gr.

-2 paia di calze Rockies Wild Tee 2x35 gr.

-1 paio di solette interne per le scarpe 15 gr.

-1 maglietta di cotone organico Wild Tee 120 gr.

-1 paio di mutande 35 gr.

-1 lenzuolo e 1 federa o 1 saccoletto, eventualmente li potete noleggiare in quasi tutti i rifugi al costo di 3/5 € (verificare prima). Decathlon Saccoletto seta MT500 110 gr.

-1 asciugamano leggero 50 gr.

-1 spazzolino, dentifricio piccolo, tappi per orecchie e shampoo solido Wild tee 100 gr.

-1 sacca impermeabile Exceed da 5 litri Fold Drybag UL 20 gr.

-1 caricatore USB con cavi per telefono e GPS 20 gr.

-1 power bank per le emergenze Goalzero Flip 24 130 gr.

-1 Smartphone con Koomot e Terra Map App 200 gr.

-1 paio di bastoncini Black Diamond Distance Carbon Z 170 gr.

-1 lampada frontale Petzl IKO CORE 79 gr.

-documenti e soldi

Totale attrezzatura 4.146 gr (acqua esclusa e cibo) (più 237 gr. o meno 150 gr. in base allo zaino)

Se non si prevede di dormire in rifugio o al coperto vi serviranno:

-1 sacco a pelo Nordisk Yeti Fever Ultra 345 gr.

-1 tenda Camp Minima 1 o 2 o 3 a seconda di quanti siete 1100 gr.

-1 materassino Therm a Rest NeoAir Uberlite 250 gr.

-1 fornelletto MSR Pocket Rocket 2 73 gr.

-1 boboletta di propellente MSR IsoPro Fuel 110 gr.

-1 tazza in titanio MSR Titan Cup 54 gr.

-1 posata Light My Fire Spork 11 gr.

-buste di cibo liofilizzato a piacere

Totale attrezzatura per campeggio 1.943 gr

Totale attrezzatura 6.089 gr

N.B.: l’attrezzatura, ovviamente, può variare in base al luogo, periodo dell’anno, condizioni meteo, durata del viaggio e disponibilità economiche.

PERCORSO

Come in ogni avventura che si rispetti, la pianificazione del percorso è uno dei momenti chiave. Cercate di reperire informazioni tramite i racconti di chi ha già esplorato la zona in cui volete andare. Preparate il vostro viaggio con App come Koomot, Terra Map ma anche sulle mappe cartacee dei sentieri che hanno sempre il loro fascino e vi torneranno utili in caso di batterie esaurite. Fate molta attenzione nei punti critici, come nelle gare di trail running, meglio tornare indietro fino al punto in cui si era sicuri di essere sulla traccia che andare avanti e finire clamorosamente fuori sentiero. Dopo aver fatto la PTL e l’Euforia Ultra Trail in cui i concorrenti devono seguire la traccia GPS fornita dall’organizzazione ho acquisito una certa esperienza sull’argomento. Non è sempre facile fidarsi degli strumenti digitali, a volte è un po’ come quando non si segue il navigatore dell’auto imprecando quando poi si sbaglia strada. Si deve sempre essere vigili, è meglio fermarsi e reperire dei punti di riferimento piuttosto che andare avanti a testa bassa fuori strada.

La pianificazione è tutto. È importante avere uno schema con distanza e dislivello giornaliero in modo da avere un’idea dei tempi di spostamento tra un punto e l’altro. Ad esempio, sapere di arrivare ad un supermarket quando è aperto è molto meglio che arrivarci quando è chiuso. L’acqua e il cibo pesano molto per cui una buona gestione dei punti di approvvigionamento è fondamentale per non caricarvi le spalle ulteriormente. Nei vostri calcoli tenete sempre un margine di errore per gli imprevisti che puntualmente vi capiteranno.

Ragionate sempre in termini di chilometri equivalenti, ovvero sommate ai chilometri il dislivello in metri diviso 100.

Ad esempio, 30 km con 1500 metri di dislivello positivo sono equivalenti a 45 km in piano (30+1500/100).

Per fare una stima dei vostri tempi di percorrenza considerate che una persona cammina a 5 km all’ora, una allenata a 6 km/h, una non allenata a 4 Km/h.

Riprendendo l’esempio per percorre 30 km con 1500 m D+, ovvero 45 Kmeq vi ci vorranno circa 9 ore a cui dovrete sommare 2 ore per mangiare e soste e 1 ora per gli imprevisti.

 

ALIMENTAZIONE

Per circa 10 ore di marcia e 45 Kmeq vi servono dalle 2500 alle 3500 calorie a seconda del vostro peso (45 X peso in Kg). Considerando che circa 1000 le prendete dalle vostre riserve di grasso corporeo, l’apporto calorico di cui avete bisogno è di circa 2000 calorie al giorno. considerando una media tra carboidrati (4 cal/gr.) e grassi (9 cal/gr) di 7,5 calorie al grammo vi servono circa 300 grammi di cibo al giorno. Per una gita di 5 giorni sono ben un kilo e mezzo di peso!

Come avrete capito da questo rapido calcolo il cibo rappresenta una parte importante del peso che avremo sulle spalle.

È bello fermarsi in luoghi particolari e sgranocchiare le proprie provviste ma è anche piacevole fermarsi e gustare qualcosa della cucina locale. Un pasto caldo e una birra posso avere effetti miracolosi in certe situazioni.

In base al vostro percorso e alla disponibilità di approvvigionamento lungo di esso calcolate quanto portarvi dietro e quanto acquistare.

Come detto, i cibi migliori da portarsi dietro sono quelli ad alto apporto calorico e che si conservano senza bisogno di refrigerazione.

Tra di essi troviamo:

-frutta secca

-frutta disidratata

-carne secca

-parmigiano o grana sottovuoto

-barrette

-bresaola sottovuoto

-cibi liofilizzati o disidratati se disponete di fornelletto per reidratarli con acqua calda

-gels

È bene conservare sempre una piccola scorta per le emergenze.

METEO

Le condizioni climatiche condizionano sia l’attrezzatura che ci portiamo nello zaino sia il nostro percorso e vanno controllate sia prima sia durante i giorni del nostro viaggio.

È importante verificare l’evoluzione del meteo sia tramite il servizio meteorologico locale per avere informazioni più possibili precise su temperatura, umidità e vento nella zona specifica in cui ci troviamo sia tramite il servizio nazionale per anticipare l’evoluzione della situazione.

Se attraversate zone con condizioni estreme o variabili controllate la situazione molto spesso (ogni 3/4 ore circa). Non esitate a cambiare percorso magari allungandolo per evitare fenomeni intensi. Ad esempio, è meglio prendere un temporale alla base di una montagna piuttosto che prenderlo in cima dove il rischio di fulmini e lampi è molto più pericoloso. In caso di fenomeni particolarmente intensi è meglio abbandonare i bastoncini che in ogni caso vanno tenuti con le punte verso il basso.

La pioggia, in montagna, abbassa la temperatura anche di dieci gradi, tenetene conto nell’organizzazione della vostra attrezzatura.

Tenete, inoltre, presente che con i chilometri e la stanchezza si tende a sentire più freddo.

Preparate un piano B in caso di maltempo estremamente prolungato. Non state facendo una gara, siate flessibili sul percorso e mantenete sempre un margine temporale per gestire la situazione.

Dopo i primi giorni saprete prevedere i vostri tempi di spostamento con maggiore precisione e riuscirete ad anticipare le situazioni più complesse.

DORMIRE

Nei rifugi, asciugamano e sacco letto si possono noleggiare per 3/5€, spesso la connessione alla rete è assente e servono i contanti. Il costo del pernotto è intorno ai 50,00€, con la mezza pensione 60,00€.

La tenda è conveniente quando si è in due in modo da dividersi il peso dell’attrezzatura, verificate la possibilità di campeggio libero e non lasciate nulla dopo il vostro passaggio. Dormire in tenda è sempre meraviglioso e vi permetterà di godere al massimo della natura circostante. Scegliete per tempo il luogo in cui fermarvi e montate il campo con la luce solare per evitare spiacevoli sorprese.

Dormire senza tenda all’aperto è consigliato solo con meteo ottimo e per soste brevi.

È così che si può attraversare il mondo a piedi solo con le proprie forze e un impatto sull’ambiente minimo, come gli uomini e i popoli hanno sempre fatto prima dell’avvento dei mezzi di trasporto motorizzati.

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