PETITE TROTTE A LEON 2023

PETITE TROTTE A LEON 2023

Storie Gare

PETITE TROTTE A LEON 2023

Forse è proprio vero che è “outside of our comfort zone is where the magic happens”.

Ogni volta che mi avvicino alla partenza di qualcosa di molto più grande di me, un piacevole senso di pace mi pervade. Vivo una vita sempre di corsa, in cui l’ottimizzazione del tempo è fondamentale per fare tutto quello che devo fare. Se ho un problema lo devo risolvere nel più breve tempo possibile. Non posso sprecare neanche un secondo. Questo si riflette anche in quasi tutte le gare a cui partecipo.

Ogni volta mi chiedo se sarò ancora capace di fare una cosa del genere, se ci penso razionalmente mi sembra sempre impossibile.

Alla PTL tutto è così fuori scala che è assolutamente impossibile cercare di prevedere quello a cui si andrà incontro. So che sarà il cammino a guidarmi e che è meglio lasciare tutte le preoccupazioni ad un’altitudine più bassa.

Questo è lo spirito di questa corsa che si svolge dietro le quinte del ben più blasonato Ultra Trail du Mont Blanc da quattordici anni.

La PTL è una gara di Trail Running, a cui si partecipa in squadre da 2 o da 3, non prevede balisaggio e indicazioni lungo il percorso. Le squadre devono seguire una traccia, anzi La Traccia per antonomasia, senza “se” e senza “ma”, anche quando la sua direzione porta fuori dai sentieri conosciuti. Viaggeremo, perché di viaggio si parla, per più di 300 km e 24.000 m di dislivello positivo in autosufficienza con tutta l’attrezzatura per poter affrontare le difficoltà del percorso. Possiamo appoggiarci a dei rifugi convenzionati e abbiamo due basi vita in cui troveremo la nostra sacca.

Questo è un aspetto molto importante rispetto alle gare tradizionali: siamo autosufficienti! Il che vuol dire che siamo liberi dallo scorrere del tempo. Lo zaino è pesante ma questo ci libera dallo stress di dover calcolare tempi e chilometri per i rifornimenti.

Come sempre il primo giorno è il più complicato. Le quadre sono agitate e c’è tensione nell’aria. Noi tre, io, Roberto e Davide, siamo, stranamente, tranquilli e li lasciamo andare per la loro strada. Il meteo è pessimo, piove e c’è vento. Ci giochiamo subito, per non rischiare di bagnare tutto, il jolly del poncho, l’indumento indispensabile per questo tipo di avventure, rimanendo vestiti leggeri sotto per non sudare durante la prima salita. Vediamo strane combinazioni di giacche e sacchi in plastica addosso a diversi concorrenti, soprattutto orientali, che ci fanno dubitare sulle loro probabilità di superare indenni la prima giornata. Raggiunti i 2.000 metri di quota la pioggia si trasforma velocemente in neve e non appena la traccia devia dal sentiero e ci indica di salire su una pietraia coperta di neve si scatena il panico. Vedo i dubbi e le preoccupazioni dipingersi sul viso dei concorrenti.

PTL 2023 Wild Tee

Alcuni si fermano, incerti sul da farsi, altri cercano via alternative, noi sappiamo che non c’è altra soluzione che seguire la traccia. Al primo traverso si forma subito una lunga colonna che procede a tentoni, diversi concorrenti scivolano con il loro abbigliamento sintetico lungo il pendio fermandosi solo qualche centinaio di metri più in basso. La situazione mi ricorda le foto degli alpinisti in attesa di poter avanzare sui passaggi più difficili delle scalate himalayane. È frustrante vedere qualcuno in difficoltà e non poter fare nulla per aiutarlo. L’aria è gelata, le mie mani, bagnate dalla pioggia nonostante i guanti impermeabili cominciano a congelare.

PTL 2023 Wild Tee

L’attesa è snervante, avviso i miei compagni dietro di me che cerco di andare avanti e passando su una cresta supero il blocco e raggiungo un gruppo che avanza un po’ più regolarmente. Il movimento mi permette di mantenere una temperatura decente. Appena la tempesta diminuisce un poco mi fermo ad aspettare i miei compagni di squadra, sono preoccupato per loro. Per fortuna dopo quella che mi sembra un’attesa lunghissima li vedo arrivare. Facciamo il punto della situazione ed è tutto a posto, mangiamo qualcosa e ripartiamo. Mangiare costantemente è indispensabile.

PTL 2023 Wild Tee

Superata la difficoltà ci guardiamo in giro e, come accadrà sempre anche in seguito, capiamo perché ci hanno voluto far passare di lì. Le montagne sono bellissime anche in mezzo alle nuvole, siamo all’altezza di uno dei ghiacciai del Monte Bianco e lo possiamo ammirare da un’angolazione speciale.

PTL 2023 Wild Tee

Dopo più di otto ore siamo ancora sopra Chamonix. In questo tipo di corse bisogna riuscire a distaccarsi dal concetto di “Tempo”, tutto diventa relativo, non bisogna pensare a quanto ci si mette e a dove si è: l’importante è avanzare, seguire il sentiero con dedizione e fede.

Spesso penso che queste situazioni ci avvicinino, benché privilegiati concorrenti che scegliamo di farlo, a quelle dei pellegrini, dei viandanti del passato e dei profughi che scappano dal loro paese in cui non è più possibile vivere. Mi è capitato di correre sui sentieri della Bosnia lungo il percorso che i profughi siriani compiono per raggiungere un paese delle Comunità Europea che li accolga e ho visto i piccoli accampamenti fatti di tende sgualcite e sacchi a pelo in cui passano la notte protetti dai boschi in attesa di riprendere il cammino sperando di non essere intercettati dalla polizia. Con le dovute proporzioni, anche noi siamo senza-tetto che seguono pedissequamente il loro percorso.

Nonostante, secondo me e Roberto, Davide stia bene, alterna periodi in cui corre come in preda a una trance a momenti in cui rallenta e quasi fatica a camminare. Non è più convinto di quello che sta facendo. Anche in questo caso possiamo solo andare avanti sperando che gli passi. Decidiamo, per non mettergli pressione, di alternarci al suo fianco, uno di noi va leggermente avanti e l’altro sta con lui. Siamo tutti stranamente silenziosi, probabilmente ognuno di noi sta facendo i conti con i propri demoni.

Una regola non scritta dice che la prima notte non si dorme mai.

Il meteo non ci da tregua e non appena superiamo i 2.000 m la neve gelata comincia a picchiarci in faccia. Non possiamo attardarci troppo in quelle condizioni e dobbiamo cercare di arrivare al primo rifugio sul percorso che si trova al sessantaseiesimo chilometro. L’eccitazione della partenza è scemata e, immersi nelle nuvole basse, procediamo in mezzo ad altre squadre condividendo con loro le indicazioni migliori per seguire la traccia in quelle condizioni di scarsa visibilità. Quando non manca molto al rifugio, comincio ad avere freddo, abbiamo superato una squadra di nostri amici, so di averli dietro e in discesa allungo per scaldarmi. Dopo un poco su terreno facile mi giro per controllare e non vedo più Roberto e Davide. Chiedo ad altri se li hanno visti. So che Davide ha gli strumenti per la navigazione anche se in mezzo a così tanti concorrenti basta seguirli come ho fatto io. Provo a chiamarli ma non c’è campo. Aspetto qualche minuto fermo cercando di identificarli in mezzo agli altri concorrenti ma non riesco a trovarli. Mi viene nuovamente freddo. So che non si fa ma loro sono in due e io mi sento solo in questo momento, decido di proseguire lentamente fino al rifugio, dove chiaramente non li trovo. Dopo poco arrivano i nostri amici, quelli che avevamo superato insieme prima che il nostro cordone si spezzasse. Di loro ancora nessuna traccia. Continuo a guardare fuori dalla porta nell’attesa di scorgere i loro volti. Il rifugio sembra un campo della Croce Rossa, all’esterno sotto la neve ci sono sparpagliate centinaia di scarpe e bastoncini da trail. Finalmente, con la devastazione sul viso arrivano. Le prime parole che Roby mi dice sono: “Davide si ritira”, mi sento ancora di più in colpa per averli lasciati da soli. Siamo a meno di due ore dal cancello orario, dobbiamo concordare cosa fare velocemente. Cerchiamo di convincere Davide che, invece, sembra molto determinato e quasi sollevato dalla decisione presa.

Mangiamo quello che sarà il nostro menù per colazione, pranzo e cena per i prossimi cinque giorni: zuppa, pasta con il ragù (o meglio come dicono i francesi alla boloGnese) e un piccolo dessert.

Come era già successo durante l’Euforia ad Andorra, dopo aver passato quasi 24 ore all’aperto, lo stare al chiuso con tanta gente intorno ci è quasi insopportabile. Salutiamo Davide e ci rimettiamo in cammino. Oramai abbiamo bisogno di aria e spazi aperti. La nostra mente si sta riprogrammando per essere sempre in movimento.

PTL 2023 Wild Tee

È una situazione che conosco bene dopo aver percorso così tanti chilometri insieme a Roby: lui davanti a fare il passo e io dietro a guidarlo seguendo la traccia. Avanziamo indipendentemente dal terreno, dalla pendenza e dalle condizioni metereologiche, senza pensieri, come guidati da una forza esterna. Procediamo spediti ma silenziosi nel fango e nella neve che non smette di cadere.

PTL 2023 Wild Tee

Sappiamo che dobbiamo resistere due giorni e mezzo e forse da mercoledì pomeriggio potrebbe finire il mal tempo.

PTL 2023 Wild Tee

Di solito scherziamo sempre, soprattutto nelle situazioni più estreme e grottesche, ma questa volta sento Roberto molto, troppo silenzioso. Cerco di capire cosa abbia. Lui, la roccia su cui ho sempre contato di aggrapparmi nei momenti difficili, mi dice che fa molta fatica, ha male a un piede e che il freddo gli ha segnato le gambe e i polmoni. Il passaggio dai 40° di venerdì a Milano ai -11° del Col du Presset non ci ha lasciati indenni. In effetti abbiamo sempre corso con i pantaloncini Bryce quando avremmo potuto almeno mettere gli half tight Badlands.

PTL 2023 Wild Tee

Le condizioni del meteo non ci permettono ancora di fermarci, dobbiamo assolutamente arrivare al 133° chilometro all’Hospice du Petit Saint Bernard che però non è proprio dietro l’angolo.

PTL 2023 Wild Tee

Fin ora la navigazione mi è sembrata piuttosto semplice e non abbiamo avuto alcun problema, sono molto contento di come io sia migliorato sotto questo aspetto. Ma come sempre alla PTL non bisogna dormire sugli allori. Roby comincia ad avere le allucinazioni, vede piccoli animali neri che si muovono ai lati del sentiero, un grande classico. Cerco di farlo parlare ma è poco reattivo nella sua bolla. Proprio la seconda notte (senza avere ancora dormito neanche un minuto) dopo aver affrontato la dura salita al Col de l’Oullion (2650 m), ci troviamo immersi in una nebbia così fitta che fatichiamo a rimanere a vista tra di noi, la neve cade incurante delle nostre difficoltà e rapidamente copre le tracce delle scarpe di chi è passato prima di noi. Siamo soli in un territorio che non conosciamo e per la prima volta da quando siamo partiti perdiamo letteralmente la bussola. Siamo convinti di dover proseguire in quella che a noi sembra la direzione più ragionevole ma ogni volta che ci spingiamo da quella parte i miei GPS cominciano a suonare e a indicarci che siamo fuori rotta. Complice la stanchezza, che in queste situazioni toglie la lucidità di pensiero, non riusciamo a capire come sia possibile. La direzione indicata dal GPS, nella notte con la nebbia, sembra impraticabile, sembra proprio che il terreno finisca in un dirupo. Sono abbastanza nel panico, continuiamo a girare in tondo e Roby perde un copri-guanto senza riuscire più a ritrovarlo. Le nostre impronte sulla neve continuano ad intersecarsi rendendoci impossibile capire quali alternative abbiamo già esplorato. Finalmente, dopo un tempo indefinito, che sembra infinito, i coni delle lampade frontali delle altre squadre sbucano da dietro il colle. Condividiamo con loro i nostri tentativi. Anche a loro sembra strano e tentiamo tutte le alternative possibili. Siamo tutti sulla stessa barca e questo almeno mi tranquillizza, in un momento di lucidità valuto meglio il percorso e arrivo alla conclusione che quella che sembra impraticabile è l’unica via per uscire da lì. Rimetto i ramponi e scendo a scaletta, per fortuna, dopo non molto vedo delle tracce di scivolate sulla neve, qualcuno deve essere passato di lì prima di noi. Sono sulla traccia! Urlo a Roby e gli altri ci seguono. Il pendio non è neanche così scosceso come sembrava dall’alto. Succede sempre così quando la nostra mente è convinta di qualcosa, l’alterativa ci sembra sempre insormontabile; invece, è molto più semplice di quanto crediamo. Durante la PTL 2018 ci era successo diverse volte.

PTL

Abbiamo perso più di due ore. Voglio solo andarmene da quell’inferno più velocemente possibile e corro a tutta in discesa, tengo d’occhio Roby che non mi sembra lucidissimo e procediamo senza mollare la traccia anche quando continua ad attraversare ripetutamente un torrente gelato.

PTL 2023 Wild Tee

PTL 2023 Wild Tee

Arriviamo al fondo valle dove a causa del maltempo siamo obbligati a seguire la traccia d’emergenza per evitare dei tratti attrezzati che sono impraticabili. Sembra una buona notizia se non che la salita al Col de la Forclaz fuori sentiero non è propriamente banale. Vediamo le lampade frontali di una squadra lontane in alto sulla montagna ma fatichiamo veramente per arrivare dove erano loro. Superato il colle, nella mia mente c’è solo la base vita dell’Hospice e finalmente il momento in cui potrò togliermi le scarpe fradice che indosso da più di 48 ore. Convinto che l’Hospice sia in basso seguo le indicazioni dei cartelli dei sentieri e, in quello che a noi sembra un attimo, ci ritroviamo fuori traccia con le luci degli altri concorrenti qualche centinai di metri sopra di noi. È sempre desolante vedere che tutti corrono in una direzione e tu stai andando in un’altra. Mi scuso con Roby che scuote la testa ma non abbiamo altra alternativa che risalire dritto per dritto fino al sentiero su cui si trovano gli altri che, nel frattempo, vediamo allontanarsi nella nebbia. La traccia che dobbiamo seguire segue un percorso che non mi sembra intuitivo ma abbiamo accettato di seguirla e lo facciamo. Il sentiero è uno scivolo di fango, si fatica a stare in piedi anche con i bastoncini ma finalmente, alle 7 della seconda mattina, arriviamo alla base vita. Davide, che sicuramente non ha dormito neanche lui, è lì ad accoglierci. Come sempre metto in carica orologio, telefono, GPS e power-bank, questa operazione è estremante importante e richiede sempre un po’ di lucidità. Togliamo le scarpe e, con stupore, constatiamo che la situazione dei piedi non è così critica, sono solo fradici ma con il cambio delle calze e delle solette dovrebbero reggere. Mangiamo il solito menù nella versione più povera. Oramai abbiamo capito che i rifornimenti sono gestiti dall’organizzazione e non dai gestori dei rifugi, mentre nel 2018 oltre a quanto previsto era possibile ordinare anche da quanto preparato dal rifugio per gli escursionisti. Ma come sempre non potendo fare altrimenti ci adattiamo, in fondo non siamo venuti fino li per mangiare. Decidiamo di dormire un’ora e mezza. Evidentemente non sono abbastanza stanco e tra le persone che russano e quelle che tossiscono per il freddo non riesco ad addormentarmi.

Il sonno è sempre stato il mio più grande problema fin da piccolo ma questa volta con estrema calma non me ne preoccupo. Sto veramente bene e ci penserò più avanti.

Prima di partire, vedo che c’è una ragazza che cura i piedi martoriati dei concorrenti, decido di approfittare e chiedere un consiglio sullo stato dei miei. Mi dice che sono “nichel” che per i francesi vuol dire tutto a posto. Mi passa un batuffolo con un po’ d’alcol sulla pianta per farla asciugare più rapidamente e mentre lo fa nota una piccola vescica, di cui non mi ero neanche accorto, tra le due dita più piccole e mi chiede se voglio che la tratti. Già che ci siamo mi sembra un’opportunità. Aspira con la siringa e reimmette il siero con il disinfettante, poi mi scoccia il dito con del nastro.

Recupero le apparecchiature in carica quando mi accorgo che il power-bank è staccato e che del nostro secondo caricatore non c’è traccia. Ne abbiamo un altro, ma se non lo avessimo avuto, la nostra gara sarebbe finita di lì a breve. Merci al ladro.

Mi rimetto le scarpe e ripartiamo, la mattina è fresca, il cielo si sta aprendo e non piove più. Riacquistiamo il buon umore e chiacchieriamo mentre ci godiamo il percorso che, finalmente, possiamo ammirare. È quasi come se fossi partiti adesso dal caos di Chamonix, come se per i primi due giorni fossimo stati sospesi in un limbo bianco e solo ora ci rendiamo conto di dove siamo: in mezzo a delle bellissime montagne.

PTL 2023 Wild Tee

Lo spirito della gara si sta impossessando di noi e non possiamo più fermarci. Il nostro cervello, abituato ad uno stile di vita sedentario e cittadino, ci ha messo due giorni per riprogrammarsi, ora siamo in modalità Trail Running. Conta solo andare avanti immmersi nella natura. In breve, arriviamo allo splendido Rifugio del Ruitor la cui valle è un vero e proprio gioiello. Finalmente mangiamo come si deve. La corsa ha preso il suo corso, al rifugio siamo solo in quattro squadre, scambiamo qualche battuta con i volontari (grazie di esistere!) e l’atmosfera è quella che ricordavo dal 2018. Come sempre, ci ripromettiamo di tornarci un giorno con calma e di stare lì a raccontarci delle nostre avventure come due vecchi al bar, ma sappiamo bene che non lo faremo mai, almeno fino a quando riusciremo a fare queste cose. Facciamo una doverosa deviazione al cippo dove è morto prematuramente Jean-Claude Marmier l’ideatore della prima PTL nel 2008. Innegabilmente un bel posto per morire.

PTL 2023 Wild Tee

Il paesaggio è meraviglioso, appena lasciato il fondo valle che già valeva la fatica per arrivarci, in breve, siamo soli in mezzo alle montagne. È quell’ora che “intenerisce il cuore anche ai naviganti” poco prima del tramonto svalichiamo il Col du Tachuy e la vista dei laghi è qualcosa di meraviglioso, ne contiamo 6, 7 uno più bello dell’altro.

PTL 2023 Wild Tee

Difronte alla magnificenza della Natura, la nostra fatica, la stanchezza, i dolori scompaiono e ci sentiamo esattamente al nostro posto nel mondo. Continuo a fare foto perché voglio imprimere nella mia mente questo momento, in fondo siamo lì per questo.

PTL 2023 Wild Tee

Scendiamo per poi risalire verso il Rifugio Deffeyes, il rifugio è lì a poche centinaia di metri, un cartello lo indica chiaramente ma la nostra traccia va esattamente dalla parte opposta verso una cascata che dobbiamo scalare. Non osiamo immaginare quante squadre abbiano tagliato per la via più semplice.

PTL 2023 Wild Tee

Senza scomodare Walt Whitman, ci dirigiamo verso il sentiero più impervio. Prima di affrontare la salita ci sediamo per terra e tiriamo fuori il meglio delle nostre provviste. Ingurgitiamo una scatoletta di carne Simmenthal, una barretta e della frutta secca e ci rimettiamo in cammino verso la cascata. Da lontano non è chiaro come si possa passare di lì, avvicinandoci e con qualche passo di arrampicata riusciamo a trovare la via per salire. Il frastuono della cascata è assordante e non riusciamo a comunicare a voce, non che ne abbiamo bisogno, in queste situazioni ci bastano pochi gesti per intenderci. Il buio ci accoglie quando mettiamo il primo passo sul terreno pianeggiante del lago che alimenta la cascata. È l’inizio della terza notte, siamo a metà strada (158° km).

PTL 2023 Wild Tee

Abbiamo come obiettivo quello di arrivare alla base vita di Morgex, al rifugio mangiamo velocemente le stesse cose di sempre, oramai anche l’atto di nutrirsi ha perso la sua attrattiva ed è solo un’azione necessaria al poter proseguire nel cammino. Il percorso, l’andare avanti, il proseguire hanno preso il sopravvento su tutte le altre attività come il mangiare e il dormire. Senza rendercene conto ci inoltriamo nella notte verso Passo Alto (2860 m).

PTL 2023 Wild Tee

Finalmente la luna ci fa compagnia e il buio è meno buio. La discesa verso Morgex è infinita, piena di piccole deviazioni alla ricerca dei sentieri e ci mette a dura prova.

Siamo in Italia e al ristoro hanno le lasagne! Facciamo due chiacchere con i volontari, una bella doccia e decidiamo di dormire due ore su degli splendidi materassini nella palestra. Di solito lotto per convincere Roberto a dormire di più ma questa volta sto veramente bene e non ne sento la necessità. Mi fa solo un po’ male un piede e rimando l’analisi del problema fino a quando non sarà più importante. So che invece Roby ha molto male e di conseguenza non posso avere anch’io un problema. Ha provato tutte le allacciature possibili delle stringhe per evitare l’infiammazione al collo del piede e ora ha delle belle vesciche. All’alba del quarto giorno ripartiamo, si preannuncia una giornata calda e cominciamo a prestare più attenzione ai rifornimenti idrici.

Endurance Hat Wild Tee

Saliamo ancora di buon passo, anzi andiamo meglio in salita che in discesa. Nel bosco sopra Morgex ci perdiamo, tutti e tre i miei GPS forniscono informazioni contrastanti, dopo più di mezz’ora su un pendio molto scosceso in mezzo ad alberi caduti e cespugli pungenti decidiamo di lasciar perdere la traccia e di orientarci con il sole e le montagne. Con grande sollievo, non è mai bello avere la sensazione di essere fuori strada, dopo un po’ intersechiamo un sentiero che sembra battuto e lo seguiamo, la direzione sembra essere quella giusta e ci stiamo riavvicinando alla traccia che seguiamo fino a quando con prepotenza ci porta a salire nuovamente fuori sentiero.

PTL 2023 Wild Tee

Dopo un bel pezzo di “ravanage” sulla massima pendenza raggiungiamo Tête des Fra a 2830 m. Mentre mangiamo qualcosa osserviamo dall’alto le valli davanti a noi, a parte una malga non scorgiamo alcun insediamento umano, una gioia per i miei occhi.

PTL 2023 Wild Tee

Ci è subito chiaro che l’unico modo per proseguire è quello di seguire il filo di cresta nella speranza che prima o poi ci sia un modo per scendere a St. Rhemy en Bosses.

PTL 2023 Wild Tee

Poco prima di un tratto attrezzato incontriamo un ragazzo che accampato su una piccola cengia ci accoglie sorridente e ci offre un liquore alle erbe. Giuro non lo abbiamo sognato, un ragazzo da solo ha deciso di venire fino lì solo per offrire a noi disperati un goccio del suo liquore preferito prima di farci affrontare un tratto aereo attrezzato. Quando si dice “keep trail running weird” qui lo stiamo facendo. Ci abbracciamo come vecchi amici con il nostro nuovo idolo e proseguiamo. A stomaco vuoto il liquido verde fa il suo effetto e anche Roby riacquista per un po’ il sorriso. Il passaggio non è particolarmente complicato ci aspettavamo qualcosa di più impegnativo dopo quanto affrontato nell’edizione della PTL 2018, considerando che ci stiamo portando dietro casco e longe.

PTL 2023 Wild Tee

La discesa verso St Rhemy è molto ripida e il caldo comincia a farsi sentire insieme al dolore al piede. In paese il ristoro è offerto dall’organizzazione nello stesso tendone che tra qualche giorno accoglierà i concorrenti del Tor des Geants. Non so più bene che ora sia, oramai il giorno e la notte si inseguono senza un ordine preciso nella mia testa, ma sono convinto che non sia il momento di fermarsi troppo. Voglio controllare il mio piede e ripartire. Tolgo scarpa e calza e mi blocco un attimo quando vedo il mio dito più piccolo viola e gonfio come l’alluce. Il dito sembra soffocare strizzato dallo scotch che mi avevano messo per la vescica, lo strappo e tutto quel gonfiore mi esplode tra le mani. Il sollievo è immediato, cerco di pulire e di disinfettare al meglio e sono pronto per ripartire. Roberto è rimasto fermo immobile al tavolo del ristoro, spero abbia mangiato perché ho notato che tende a non mangiare molto, non osa controllare i suoi piedi. Stranamente il mio stomaco, che mi da sempre problemi, sta benissimo, ho fame e, a questo ritmo, riesco a mangiare a sufficienza senza mai andare in crisi. Quando chiamo Roby, come un automa, si alza e ricomincia a camminare.

Durante la salita facciamo un check e constatiamo che a parte un piede a testa stiamo abbastanza bene. Poco dopo incontriamo la squadra di Emanuele e Marco con cui condivideremo il cammino fino alla fine e, come se fossimo amici da sempre e in fondo lo siamo dopo aver percorso così tanti chilometri sullo stesso sentiero, cominciamo a chiacchierare animatamente dei massimi sistemi e dell'evulozione del Trail Running in questi ultimi anni. La loro energia è contagiosa e anche Roby si sblocca dai suoi silenzi e comincia a raccontare di tutte le sue avventure sui monti.

Dopo un tratto fuori sentiero ci ritroviamo in una valle meravigliosa che non avremmo mai visto se la traccia della corsa non ci avesse fatto passare da quella parte.

Quattro cani che custodiscono le greggi ci impongono una leggera deviazione e arriviamo al passo del Gran San Bernardo che è già buio quando ricomincia a piovere. Oramai non dobbiamo neanche pensare a cosa fare che automaticamente in base alla temperatura ci vestiamo con quanto necessario (spoiler: la giacca Lava è stato la cosa che abbiamo utilizzato di più). Siamo oramai perfettamente programmati per adattarci alle condizioni atmosferiche, ma nonostante questo è con l’inizio della quarta notte che la nostra squadra allargata ha la maggiore crisi. Siamo “nudi” di fronte alle nostre difficoltà.

Dopo il passo dobbiamo seguire un sentiero mezzo franato che nelle nostre teste dovrebbe portarci in discesa verso il rifugio du Plan du Jeu.

PTL 2023 Wild Tee

Spesso dopo la fatica, istintivamente ci si convince che il percorso sia tutto in discesa e quando si scopre che non lo è la situazione tende a precipitare. Probabilmente sono quello che sta meglio di noi quattro, li convinco ad avanzare lentamente mentre mi fermo per consultare il road book e fare il punto con il GPS. In effetti dobbiamo salire fino al Pas du Cheveaux. Ora il sentiero è reso scivoloso dalla pioggia e instabile dalle numerose frane che lo hanno tempestato nei giorni scorsi. Raggiungo gli altri che si sono fermati, Roby è piegato in due, sicuramente il dolore al piede lo sta massacrando ma mi sembra che faccia troppa fatica per il suo standard.

PTL 2023 Wild Tee

Decido di giocarmi il jolly e gli offro uno dei miei pezzi di carne essiccata dicendogli che fa miracoli. Sembra fidarsi il che vuol dire che era proprio a secco.

Mentendo spudoratamente comunico che dobbiamo salire ancora poco e che poi è tutta discesa fino a rifugio. Anche Marco ed Emanuele mi sembrano un po’ sottotono. Dopo una pausa ripartiamo, lentamente avanziamo verso il passo. Sospinti dall’idea di un pasto caldo cerchiamo di scendere più velocemente possibile. Dall’alto vediamo delle luci e, mentendo spudoratamente di nuovo, gli faccio credere che quello deve essere il rifugio. Avere un obiettivo a vista a volte aiuta a superare la difficoltà momentanea. Come previsto quando tutti si accorgono che le luci non sono altro che l’imbocco del traforo del San Gran Bernardo, ricevo la mia buona dose di insulti. Per di più le luci del tunnel si spengono quando non passano le macchine per riaccendersi quando una macchina si avvicina. Capite bene che è come cercare di raggiungere un miraggio che appare e scompare: un brutto trip per la quarta notte. Per quanto possa sembrare strano, dobbiamo scavalcare l’ingresso del tunnel e dirigerci verso delle costruzioni abbandonate, ma del rifugio neanche l’ombra. Per quanto debba essere vicino non riuscire a vederlo è abbastanza frustrante, l’umore della squadra è ai minimi termini. Risaliamo su una mulattiera che in queste condizioni sembra lunghissima quando finalmente sentiamo odore di legna bruciata e dopo poco lo vediamo. Anche questa volta contavamo di arrivare entro mezza notte ma arriviamo alle due di notte. Mangiamo il solito menù che questa volta prevede la solita zuppa (fredda), spezzatino con un po’ di pasta alla francese come contorno, almeno la torta di mele è buona. Prepariamo gli zaini per la ripartenza e ci concediamo tre ore di sonno, siamo piuttosto provati ed è meglio riposare. La sveglia alle cinque e mezza è di quelle che fai fatica a metabolizzare. Chiediamo qualcosa per colazione e ci rispondono che non è prevista e che non hanno niente. Ci consoliamo attingendo dal solito “ricco” menù, ordinando tre piatti di spezzatino con pasta fredda. Tentiamo di convincere il nostro corpo che quella sia la colazione mettendoci sopra un po’ di zucchero e ripartiamo. Questa volta la ripartenza è di quelle difficili, cerchiamo di ammorbidirla chiacchierando di trail running.

Mi fanno notare che in salita sono abbastanza chino in avanti, in effetti fatico e sento un indolenzimento alla parte bassa della schiena, quando mi accorgo che i miei bastoncini sono da 115 cm e non da 120 cm come dovrebbero. Deve esserci stato uno scambio in qualche rifugio.

Dobbiamo stare attenti perché a causa di una frana scesa durante la tempesta dei primi due giorni ci hanno chiesto (con un messaggio tradotto dal francese con Google Traslate ?) di percorrere parte della traccia al contrario per raggiungere la Cabane du Velan. Invece di fare 7 chilometri ne dobbiamo fare 19. Abituati a seguire le indicazioni del GPS, non siamo abbastanza lucidi per questo passo contro intuitivo e, infatti, come quattro escursionisti alle prime armi manchiamo la deviazione e ci facciamo un paio di chilometri assorti nelle nostre chiacchere. In effetti è una bella giornata, abbiamo, comunque, deciso di fermarci per dormire ad Orsière invece che tirare dritto fino a Chamonix e i chilometri previsti per la giornata non sono molti, una buona occasione per farne qualcuno in più. Ci accorgiamo dell’errore e tentiamo un taglio nel bosco per non tornare fino al bivio.

PTL 2023 Wild Tee

Per salire alla Cabane dobbiamo fare un tratto attrezzato con scale e via ferrata che non vediamo l’ora di affrontare. Le parti tecniche spezzano la monotonia del cammino e vivacizzano il percorso. Usciamo dalla ferrata con una vista spettacolare sulla valle e il suo ghiacciaio ormai in discioglimento.

PTL 2023 Wild Tee

Alla Cabane, che poi più che una capanna è un grosso rifugio d’alta quota in squame d’alluminio a forma di cilindro ellittico, mangiamo un’ottima polenta al posto della pasta come variazione sul menu standard. Ci concediamo qualche minuto di riposo insieme agli escursionisti che raggiungono il rifugio per la notte e ripartiamo. La giornata è bellissima, stiamo molto bene e ci godiamo il paesaggio con estrema calma. Prima della discesa su Orsière facciamo una bella sosta per assorbire i raggi del sole al tramonto. Oramai viviamo in simbiosi con la natura. La meta oramai è sempre più vicina e sembra quasi che nessuno di noi voglia porre fine a questo viaggio.

Sarà per un calo della tensione ma il dito del piede comincia farmi molto male, la calza è tutta bagnata di sangue e non oso guardarlo. La gestione del dolore è sempre strana. Il dolore più grande fa scomparire tutti gli altri e diventa prevalente, ma non me ne accorgo quasi fin tanto che sono concentrato e teso verso l’obiettivo. Da quando ho cominciato a pensarci il dito mi fa molto male, credo che la pelle si sia staccata completamente e la carne viva ad ogni passo mi lancia una fitta direttamente al cervello.

La discesa verso il paese si rivela un calvario per tutti noi, ognuno con i suoi mali fa di tutto per non appoggiare la parte dolente. Almeno questa volta arriviamo ad un’ora decente, mangiamo e andiamo subito a dormire le nostre tre ore.

Ho sempre fatto fatica ad addormentarmi, a spegnere tutti i pensieri che mi frullano sempre in testa. Con immensa gioia a questo punto, alla quinta notte con 6/7 ore di sonno accumulato, mi addormento all’istante non appena mi sdraio. Volevo arrivare a questo punto e dormo un sonno profondo e ristoratore.

Abbiamo ancora due giorni per completare il percorso ma decidiamo di cercare di arrivare sabato per goderci la domenica di riposo prima di tornare al lavoro lunedì.

Alle 2:30 siamo svegli e pronti a ripartire. È la nostra ultima alba e ce la vogliamo gustare dalla cima di una montagna. In fondo siamo lì per riempirci gli occhi dello spettacolo della Natura.

PTL 2023 Wild Tee

Saliamo al buio con le nostre frontali girandoci a turno verso la direzione da cui sorgerà il sole per essere pronti a fermarci nel momento migliore.

La salita è veramente impegnativa ma nonostante tutto ce la caviamo ancora bene. Quando il sole spunta da dietro le montagne siamo già seduti a guardarlo.

PTL 2023 Wild Tee

La salita alla Fenêtre d’Arpette nella sua durezza ci regala dei paesaggi spettacolari, la fatica si mescola all’eccitazione di aver fatto l’ultima salita impegnativa.

PTL 2023 Wild Tee

PTL 2023 Wild Tee

Il percorso di quest’anno è stato sicuramente meno tecnico a causa delle difficili condizioni meteo dei primi giorni ma ci ha portati ad osservare da vicino tutti i ghiacciai del Monte Bianco. Quello che ci ha impressionato maggiormente è vedere quanto siano grandi le cascate d’acqua che sgorgano da sotto il ghiaccio. È come se tutti i ghiacciai piangessero copiose lacrime dalle lore ferite.

PTL 2023 Wild Tee

Il giro per il Col del Balme, anche se sembra non finire mai, è una pura formalità prima dell’ultimo rifugio.

PTL 2023 Wild Tee

Ci prendiamo il tempo di mangiare gustandoci quest’ultimo pasto e scherziamo sugli zaini (enormi) degli escursionisti che salgono con la seggiovia. Probabilmente con il contenuto dei loro zaini potremmo stare via qualche mese e arrivare in Slovenia lungo l’arco alpino.

Vediamo tutta la valle di Chamonix dall’alto, manca poco, anche questa avventura sta volgendo al termine. Tutti noi quattro stiamo cercando di metabolizzare quanto abbiamo vissuto in questi sei giorni.

Non so se ognuno per i propri dolori o per non fare finire la corsa ma procediamo lentissimamente.

Vorrei correre per porre termine alle fitte al piede, ci provo e mi rendo conto che sarei anche in grado di farlo, poi mi fermo a chiacchierare con simpatico signore svizzero che sembra molto interessato a quello che stiamo facendo e mi chiede tutti i dati del percorso. A differenza di quanto succede in Italia dove chi fa Trail Running è considerato uno spostato e nella maggior parte dei casi va ostacolato impedendogli il passaggio sul sentiero occupandolo integralmente, negli altri paesi tutti si spostano di lato, ci incitano e fanno domande sul percorso.

Le strade asfaltate, le macchine, i palazzi e la gente ci stanno riportando lentamente alla vita quotidiana. Arriviamo a Chamonix nel bel mezzo degli arrivi dell’UTMB. In un primo momento la folla ci stordisce, poi quando ci vedono arrivare e, dal nostro stato, capiscono che sia concorrenti della PTL un boato si alza al nostro passaggio. È la sesta volta che percorro le strade che portano a Place Triangle de l’Amitié, cerco di mascherare le lacrime sorridendo ma anche questa volta non riesco a trattenerle quando un gruppo di amici, che è lì ad aspettarci, ci viene in contro.

PTL 2023 Wild Tee

Anche questa volta la magia si è compiuta e siamo riusciti a chiudere il giro. Il ritorno alla vita "civile" dopo una settimana in mezzo alla natura è sempre traumatico.

 

Per gli amanti dei numeri:

Abbiamo percorso 353,63 Km e superato 22.799 m di dislivello positivo. https://www.strava.com/activities/9770685101

Ah, dimenticavo! La classifica scompare il giorno dopo la gara, rimane solo una campana e tanti ricordi indelebili con buona pace di DUV Statistik.

PTLL 2023 Wild Tee 

Ho utilizzato 2 paia di scarpe, Hoka Mafate Speed 4 e Hoka Evo 2 Mafate, 2 paia di pantaloncini Wild Tee Bryce 2.0, 3 T-shirt Wild Tee, 2 maglie color block a maniche lunghe, 1 giacca antivento Lava con il cappuccio (usata giorno e notte), 1 giacca in Goretex Arcterix Norvan, 1 maglia termica leggera Compressport, 1 poncho Decathlon, 1 paio di pantaloni impermeabili Salomon, 1 paio di pantaloni antivento Camp, 1 paio di jogger Kenai, 1 prototipo della giacca secondo strato Appalachian (a breve disponibile)2 cappelli endurance di Wild Tee, 1 beanie reversibile Wild Tee, 4 paia di calze Rockies Wild Tee, 1 lampada frontale Petzl IKO Core, 1 paio di ramponi Nortec Nordic (devono avere punto di almeno 1 cm), 1 casco Petzl Sirocco, 1 imbragatura Camp Alp Racing e 1 longe con 2 moschettoni.

Ho testato 2 zaini: un Ultimate Direction Fastpack 30 L e un Black Diamond Distance 22 L e nessuno dei due si è rivelato all’altezza della situazione. Ho dormito in un sacco letto di seta, leggero e di poco ingombro Cocoon Mummy Liner.

Ho mangiato 12 pasti dal “ricco” menu della gara di cui 5 a pagamento, 2 fette di torta extra menu, 4 caffè a pagamento, 1 etto di bresaola stagionata, 5 stick di formaggio grana, 6 stick di carne secca, 4 stick di salmone affumicato, 3 scatolette di carne Simmenthal, 6/7 barrette alla frutta secca, 1 gel, due etti di frutta disidratata, 1 pacchetto di caramelle gommose alla coca-cola.

Ho dormito circa 9 ore: 1 ora il terzo giorno, 2 la terza notte, 3 la quarta notte e 3 la quinta notte.

Per la navigazione ho utilizzato 1 Coros Apex 2 Pro, l’app Terra Map su iPhone, 1 GPS Garmin 66i (grazie alla famiglia Turra per il prestito!). Il Coros si è rivelato indispensabile e comodo per avere sempre sotto controllo la navigazione, l’app molto utile per avere una visione d’insieme con le curve di livello, il Garmin per la precisione nei casi difficili.

Avevo un paio di bastoncini Black Diamond Ultra Distance in carbonio da 120 cm e ora ne ho uno da 115 cm.

Roby ha usato come sempre in gara la sua maglietta Wild Tee feticcio con il teschio del toro che usa da più di sei anni.

Non abbiamo usato il kit medico se non per qualche cerotto e benda, non abbiamo usato la tenda (grazie a Luca Guerini che ce l'ha prestata) e il kit da ferrata.