WESTERN STATES 2023

WESTERN STATES 2023

Storie Gare

WESTERN STATES 2023

Non mi sono mai lamentato di come andavano perché in fondo sono solo corsette, ma questa volta non riesco a darmi pace.

Western States 2023

Avevo costruito il mio castello con cura.

Mi ero allenato fin da quando avevo saputo di essere stato estratto alla lotteria, di nuovo, dopo otto anni.

A gennaio avevo cercato di fare il miglior tempo (FKT unsupported) sui 76 chilometri del Fisherman Trail sulla meravigliosa costa del Portogallo completando il percorso in 8 ore e 16 minuti.

Ero preparato, avevo corso decentemente alla 6 ore di Pastrengo (febbraio), all’Ultrabericus (marzo), alla Via Degli Dei (maggio) e avevo cercato il caldo nelle Marche a URMA (giugno). Tutti percorsi su terreni corribili come alla Western States. Nelle ultime settimane ho cercato di correre un po’ di più in quota per abituarmi all’altitudine dei primi chilometri. Avevo anche trovato la neve in una primavera che non sembrava mai diventare la solita estate rovente come speravo.

Da gennaio, tra mille sacrifici, avevo corso per più di 2.000 Km e 60.000 m di dislivello positivo, con qualche settimana da 180 km e 5/6000 m D+, non tanti come qualche anno fa ma un buon numero considerati gli impegni di lavoro e famiglia.

Avevo l’esperienza della Western States 2015 e della Spartathlon. Avevo imparato a combattere il caldo con il ghiaccio e l’idratazione. Avevo preparato una bandana porta ghiaccio per il collo, avevo il mio cappello endurance da riempire di ghiaccio, vestiti leggeri (Wild Tee Road e Race Collection), due borracce a mano fin da Robinson Flat. Avevo imparato che il caldo, quello vero, è nei canyons non nella parte finale della gara come pensavo otto anni fa.

Avevo fatto tanti sacrifici per allenarmi, per non creare troppi problemi alla mia famiglia, per mangiare bene e per non bere alcool.

Avevo tanti amici che mi seguivano e a cui volevo dare qualcosa in cambio della loro immeritata fiducia.

Volevo correre da solo, senza pacer e senza crew per non farmi influenzare e non dovermi preoccupare delle persone che erano lì per me, partendo con calma e facendo meglio del 2015 nei canyons e negli ultimi sessanta chilometri.

Avevo diversi obiettivi che mi sarebbe piaciuto raggiungere.

Primo tra tutti: il record della categoria anziani (50-59 anni), battere quel 18h 14’ fatto registrare da Steven Moore nel 2019 (anno non particolarmente caldo). Il record di categoria viene iscritto negli annali della gara e tanti anni fa era il mio sogno e di Davide Grazielli .

Secondo: cercare di fare il secondo migliore tempo, sarebbe “bastato” 19h 17’.

Terzo: cercare di battere il 19h 53’ proprio di Davide.

Quarto: fare meglio del 20h 22’ della Western States 2015 in cui avevo sbagliato strada e perso circa 25 minuti.

Quinto: almeno arrivare primo di categoria.

Mi sono illuso di poter raggiungere almeno uno di questi obiettivi e, invece, ho fatto un gran casino!

Ero solo preoccupato del caldo che alla fine non c’è stato.

Al briefing pre-gara annunciano che ci sarà tanta neve nell’high country, probabilmente i primi 40 chilometri saranno più lenti del solito. Le temperature saranno clementi lungo tutto il percorso. I danni dell’immenso Mosquito Fire si faranno sentire con l’assenza di vegetazione sulle 16 miglia centrali della gara. Insomma, qualche inconveniente come in tutte le Ultra ma nulla di drammatico.

Viste queste premesse accarezzo l’idea di tentare i primi due obiettivi.

Western States 2023

Alla partenza l’aria è fresca ma non si respira la solita atmosfera genuina old style delle cento miglia americane, gli sponsors sono presenti ovunque, la partenza è stata spostata rispetto al punto storico per far spazio a nuovi impianti sciistici di risalita, i concorrenti mi sembrano tutti super attrezzati, il pubblico più intento a fare video che a godersi il momento storico.

Entro in griglia, mi giro e vedo dietro di me Dakota Jones, con la testa gli indico che dovrebbe essere davanti, mi sorride come per dire sto bene qui, davanti c’è troppo casino (mediatico).

Per fortuna si parte, amo questo momento in cui non devo più preoccuparmi per tutto in funzione della gara, perché finalmente la gara sta iniziando.

Dakota scatta e si mette subito ad inseguire i primi, si vede che è in forma, lotterà con Tom Evans per la prima posizione finché non ne avrà più.

La salita fino a Emigrant Pass (qui tutto ha un nome evocativo), anche se su una pista da sci, è sempre affascinante. Dopo circa tre quarti d’ora sono al Passo, il tifo della gente, salita di notte solo per vederci passare, è sempre un abbraccio caloroso che scalda il cuore. Mi volto e vedo i colori dell’alba e il sole che comincia ad illuminare Squaw Valley. Da lì non si torna più indietro, si va solo verso west.

Mi diverto molto nei primi chilometri a seguire, in mezzo al gruppo delle ragazze, le bandierine rosa che sembrano disposte a caso sui cumuli di neve che ricoprono i sentieri. Preciso che le prime capitanate da Courney Dauwalter, che ha fatto la gara del secolo, non le ho neanche viste alla partenza. Osservo e capisco subito chi è abituato alla neve e chi, invece, continua a scivolare. Superiamo Camille Herron (una che ha tipo sette record del mondo) che non riesce a stare in piedi. Non forzo e lascio andare le ragazze che scalpitano più di me. Cerco la mia andatura mangiando e bevendo "come da manuale", quando il sole ci raggiunge e sento caldo mi metto un po’ di neve sotto il cappello. Insomma, faccio tutto per benino cercando di anticipare i problemi.

Western States 2023 Filippo Canetta

Mi ricordavo questa parte della gara ed è, semplicemente, meravigliosa, “è la Sierra Nevada baby” mi continuo a ripetere, quella descritta con così tanto amore da John Muir all’inizio del 900 e, per fortuna, rimasta quasi immutata ed intatta: single track perfetti per il trailrunning, la luce dolce della mattina, panorami quasi sconfinati di foreste di conifere, chiazze di bianca neve, blocchi di grigio granito: il paradiso del trailrunning.

Sento di fare un po’ di fatica in più rispetto al solito dei primi chilometri, ma do la colpa al fatto che siamo ancora abbondantemente sopra i 2000 m di quota. 

Voglio arrivare al quarantottesimo chilometro di Robinson Flat dove ho la mia prima drop bag, abbandonare lo zaino e prendere il mio kit da “vero” hundred milers americano.

Le aid stations e i volontari sono la vera forza delle Western States e sono, senza ombra di dubbio, i migliori al mondo. Tutto è perfetto. C’è un volontario di vedetta che mentre mi avvicino urla il mio numero di pettorale ad un altro che cerca la mia drop bag e me la porge appena arrivo, mi fa sedere e mi chiede di cosa ho bisogno. Apro il sacco dell’immondizia dove ho le mie borracce e gliele porgo spiegando che in una vorrei acqua e ghiaccio e nell’altra Ginger Ale e ghiaccio, nella bandana e nel cappello ghiaccio. Il tutto mentre io indosso il mio prototipo di smanicato nel nostro nuovo tessuto Race e metto gel e barrette nelle tasche dei miei Bryce. Mi chiedono se voglio della crema solare, se sto bene e se possono fare qualcos’altro. Appena mi alzo, gli spettatori esultano, ci sono due volontari che mi danno la bandana che mi lego al collo, il cappello pieno di ghiaccio e le due borracce. Il tutto avviene in pochi minuti e sempre con il loro sorriso davanti alla faccia. Mi dispiace andare via da quell’atmosfera così piacevole.

Con la sosta ho perso le mie due amiche che hanno proseguito più velocemente.

Comincia, invece, una parte che non mi ricordo per niente e che non mi sembra neanche della gara, continuo a seguire le bandierine ma mi sento un po’ solo.

Com’è possibile che non ci sia nessun concorrente? Sto andando troppo veloce o troppo piano?

Cominciano i primi dubbi. Lo ripeto sempre: è il nostro cervello che cerca di farci fermare quando le energie cominciano a scarseggiare. Si, lo ripeto sempre ma in questo momento i dubbi si cominciano ad insinuare nella mia testa e sono sempre quelli che ti fregano.

Lo ammetto, ho studiato, cosa che non faccio mai, tutti gli intertempi da fare per le 18h, per le 19h e per le 20h. Quando fai una gara per la seconda volta ti senti più confidente e, ingenuamente, pecchi di superbia. Guardo l’orologio e invece di leggere 5h 30’ leggo quasi 6h, ma come, ho fatto del mio meglio e sono già in ritardo di mezz’ora??

Il mio castello comincia a vacillare e i conti a non tornare.

Cerco di non farmi prendere dallo sconforto, ho fatto abbastanza gare di ultra distanza per sapere che i conti si fanno più avanti.

Non voglio farmi prendere dall’ansia e accelerare ora, che tra poco ci sono i canyons dove nel 2015 sono collassato dal caldo. Anzi non vedo l’ora di combattere i miei demoni del passato e di arrivare lì per affrontarli.

La bandana porta ghiaccio funziona molto bene, mi congela quasi la schiena.

Non brillo ma il primo canyon e la risalita fino a Devils Thumb passano senza grandi problemi. 

Alla aid station di Devils Thumb faccio un veloce rifornimento, non mi voglio fermare come avevo fatto nel 2015 in piena ipertermia quando mi avevano messo addosso una coperta di lana tenuta in una vasca con il ghiaccio. Non vedo l’anziano signore che mi aveva accolto con il suo cappello da baseball quell’anno e me ne vado prima possibile.

Ricontrollo nuovamente l’orologio e sono passate 9 ore e 16 minuti, 45 minuti in più del 2015 e 45 minuti in più sul piano. I miei conti continuano a non tornare. Non mi sono fermato, sto andando regolare, non supero nessuno ma nessuno mi supera, eppure avanzo troppo lentamente.

Ogni volta che raggiungo il fondo di un canyon, che nel 2015 era completamente secco, ora c’è un torrente da attraversare, a volte l’acqua arriva fino alla cinta. Mi sembra una buona cosa potermi rinfrescare. Per fortuna posso contare sulle calze Rockies in Dryarn.

Nell’attraversamento di Eldorado Canyon finalmente supero un concorrente e intravedo davanti una delle mie amiche di prima, provo a seguirla ma sento di andare in affanno e la lascio andare.

Mille pensieri attraversano la mia mente, non sono abbastanza concentrato e per superare i canyons che tanto temevo smetto di alimentarmi come prima.

Nella risalita verso Michigan Bluff Kacy Likteig mi supera, si scusa per aver interrotto il mio cammino e se ne va correndo come un cerbiatto su quella salita. Avevo notato la sua partenza molto prudente e forse avrei dovuto intuire che era una buona strategia, ma non fa caldo come otto anni fa e secondo i miei calcoli avremmo dovuto essere più veloci che in passato.

L’arrivo alla aid station di Michigan Bluff è sempre uno dei più belli, tutti sono vestiti a festa e il tifo è da stadio. L’atmosfera è bellissima ma non voglio perdere tempo e voglio arrivare a Forest Hill prima possibile che sono già in ritardo. Come sempre, quando è disponibile, prendo della frutta. Non mi sembra faccia così caldo e dalla fretta dimentico di riempire la borraccia con acqua e ghiaccio, inconsciamente e illusoriamente penso di risparmiare peso e di fare meno fatica?

Riparto ma appena riprendo la strada sterrata una forte nausea mi costringe a piegarmi in due dai conati di vomito. Lo so che lo stomaco è il mio punto debole e negli anni ho imparato ad andare avanti anche quando si oppone con tutte le sue forze. Mi sembra di essermi liberato, ricomincio a corricchiare ma, dentro di me, so che i prossimi 70 chilometri saranno un calvario, il mio castello comincia ad incrinarsi e tutte le mie certezze scompaiono. Cammino le salite in mezzo alla desolazione degli alberi bruciati dal grosso incendio del settembre 2022. La devastazione di quel meraviglioso paesaggio è seconda solo alla devastazione del mio stomaco. Provo ad andare avanti riducendo il passo ma appena forzo un poco l’andatura lo stomaco si contrae verso l’interno del mio corpo.

Western States 2023 Filippo Canetta

L’idea di arrivare a Forest Hill e di vedere mia figlia mi fa riacquistare un minimo di dignità e ci arrivo correndo (la strada è in discesa).

Lascio una borraccia nella drop bag, riparto con il Ginger Ale anche se ha perso il suo potere magico che aveva nel 2015, prendo con me qualche gel anche se non ne riesco a mandare giù da un bel po’. Mentre riparto mi supera un concorrente con la sua pacer, comincio a rimpiangere la mia scelta di non averlo.

Mi tornano in mente le parole di Andy Jones Witkins che dice che da qui fino al fiume non c’è un metro di salita. Mi metto a ruota dei due ma alla prima salita che non doveva esserci devo camminare e li perdo di vista. Le salite che non dovevano esserci mi sembrano insormontabili, anche camminando faccio molta fatica, sono senza energia e mi sembra faccia molto caldo, rimpiango anche di aver lasciato l’altra borraccia. A Cal-2 mi siedo un attimo, sono preoccupati e mi offrono un antiacido e un po’ di brodo caldo. Mentre cerco di berlo, arriva un uomo dall’aspetto non più giovane con il suo pacer, allora gli chiedo quanti anni ha e il suo pacer mi dice che ne compie cinquanta. Anche il mio quinto obiettivo mi passa davanti agli occhi e mi supera. Scoprirò solo a fine corsa che ne stava per compiere cinquanta ma che non li aveva ancora compiuti.

Chiaramente l’antiacido sciolto nel brodo produce un rigetto quasi istantaneo, mi nascondo dietro un albero a vomitare.

Non ho altro da fare che andare avanti, piano ma avanti. Di tutte le frasi motivazionali che avevo memorizzato durantegli allenamenti mentre visualizzavo le difficoltà della gara non c'è più traccia nella mia mente. Eppure mi ero ripetuto mille volte: "vedrai che con la notte la temperatura cala e ricominci a correre", "la gara scende di quota e tutto sarà più facile", "superati i canyons il caldo non c'è più", "da foresthill le difficoltà maggiori sono passate". Nulla, è come se la mia memoria fosse stata cancellata!

Voglio arrivare al fiume ma il tracciato continua a salire senza mai decidersi a scendere fino a Rucky Chucky. Ho un vuoto totale e non mi ricordo minimamente questa parte. Finalmente arrivo all’attraversamento del fiume addobbato a festa, anche qui il tifo è meraviglioso anche se non ne riesco a goderne. Mi sdraio un attimo e voglio avvisare Irene che non mi aspetti all’arrivo e che vadano a letto perché sono molto in ritardo. Sono disteso e vedo i concorrenti che arrivano al ristoro e ripartono mentre io sono inerme. Mi viene freddo, privo di energie come sono, così mi dirigo al canotto, quest’anno l’acqua è troppo alta per attraversare il fiume a piedi. Mi chiedono dov’è il mio pacer per farlo salire insieme a me, ma io non ce l’ho il pacer perché volevo fare tutto da solo, che idiota! Il mio traghettatore è un drago e con quattro remate mi porta dall’altra parte, gli dico che non ho fretta, di non dannarsi, che tanto sono distrutto e non vado molto lontano. Mi è venuto freddo, sto tremando, e con la drop bag dove ho la frontale mi cambio la maglietta abbandonando il mio smanicato Race che aveva funzionato tanto bene fino ad ora.

Western States 2023 Filippo Canetta

Tutti i miei piani sono saltati, il castello è crollato definitivamente.

Non riesco più a fare i conti e anche la fibbia d’argento (entro le 24 ore) mi sembra sempre più lontana. Non mangio nulla da cinque ore, cerco di sfruttare il fresco che ho addosso per risalire fino a Green Gate. Provo di tutto e acqua gasata + coca cola a piccole dosi sembra essere l’unica soluzione possibile. Devo avere un’aria veramente pessima perché un ragazzo si offre di farmi da pacer fino all’arrivo. Nelle mie condizioni non me la sento di fargli vivere questa lenta agonia e declino il suo gentilissimo invito. L’ho apprezzato molto comunque.

Nel bosco fa ancora caldo e appena corro ricomincio a sudare, mannaggia a me che ho abbandonato lo smanicato!

Voglio accorciare il mio calvario e cerco di correre almeno le parti in piano e in discesa. Ho in testa le parole sempre di AJW che continua a ripete che questa è la parte più corribile di tutta la gara. A ALT ritrovo, con grande sorpresa, Cesare che vive negli USA e fa il volontario a questa aid station. Mi ricordo di lui e del suo parlare in italiano anche nel 2015. Si fa in quattro per aiutarmi ma sono cotto e mi accascio su una sedia, dopo poco sento una tiepida coperta che avvolge la mia schiena esposta e con quella specie di caldo abbraccio mi addormento.  Non so quanto sia rimasto in quella stana posizione ma recupero un poco di forze. Provo a mangiare un po’ di frutta ma neanche quella ne vuol sapere di rimanere nel mio stomaco. Proprio quella frutta che nel 2015 mi aveva salvato questa volta non funziona.

Western States 2023 Filippo Canetta

Voglio solo arrivare, mi sono arreso, quando sento un concorrente dietro di me, mi fermo per farlo passare, invece di tentare di tenere il suo passo. Ad un certo punto a circa venti chilometri dalla fine mi sorpassa un uomo non più giovane a torso nudo, immagino sia della mia categoria, così penso che anche il terzo posto di quella sia andato. 

Mi sono sempre stati antipatici i podi di categoria, se vuoi fare classifica ce n’è una sola ed è quella assoluta, ma invecchiando ho cominciato a trovare conforto agli anni che passano anche in quella.

Non riesco a ragionare, non mi ricordo di tutte le difficoltà incontrate e superate in più di 100 gare di ultratrail e ultrarunning. Non mi ricordo di come ero stato male al Gran Raid de la Reunion, di come mi ero ripreso e avevo finito correndo come un pazzo e divertendomi dopo 33 ore di gara. L’arrivo della Spartathlon mi sembra così lontano. Le difficoltà della Valmalenco con lo stesso problema di stomaco non si sono tramutate in esperienza da utilizzare in casi come questo.

Non mi rimane che l’obiettivo delle 24 ore.

Sembra quasi che io voglia soffrire di più, invece che limitare la mia sofferenza cercando di raggiungere l’arrivo prima possibile. Riesco a superare un concorrente con il suo pacer, ma neanche questo rinfranca il mio spirito come normalmente avrebbe fatto, spronandomi ad accelerare fino al traguardo ormai prossimo.

Neanche avere la fortuna di avere Scott Jurek che ti riempie la borraccia a Quarry Road, mentre Hal Koerner continua a fare battute esilaranti, mi spinge a reagire. Tra tutti e due hanno in casa 9 Couguar (il premio per chi ha vinto la WS100) e io sto rischiando di non conquistare la mia seconda fibbia d'argento.

Sono in una spirale negativa, un loop da cui non riesco ad uscire. Provo a fare e rifare i conti ma non tornano mai, comunque giri gli addendi il risultato è sempre deludente. Sono deluso di me stesso, di tutte le energie che ho investito e che non sono riuscito a trasformare in un risultato soddisfacente. Neanche il giro di pista di Placer High School ha il sapore liberatorio che tanto avevo sognato.

Western States 2023 Filippo Canetta

Finisco la mia seconda, e probabilmente ultima Western States, in 22 ore e 4 minuti, secondo dell’age group 50-59 anni, a 1 ora e 42  minuti dal mio risultato alla Western States 2015.

Penso che si sia capito che non sono per niente soddisfatto di come sia andata, ma nelle ultra è così che funziona.

Ancora non ho capito cosa sia successo nella mia 105esima ultra.

Western States 2023 Filippo Canetta