IL CERCHIO BIANCO

IL CERCHIO BIANCO

Storie Experience

IL CERCHIO BIANCO

di Niki Gresteri

Dopo l’Utmb ho provato a scrivere subito ma il suono di quello che avevo scritto non mi piaceva. Era come se avessi cercato prima le parole anziché i pensieri.

Non so se ora il risultato sia diverso ma sento che tutto ha un odore più vicino all’aria, forse anche io.

UTMB 2017

La notte è il paesaggio più frequente che ho negli occhi. Ne ho passate due fuori ed è come se avessi navigato in oceani infiniti. Spesso mi è venuto in mente Conrad.

Ricordo la pioggia e il freddo lungo il Col du Bonhomme.

Ho davanti l’alba gelida al Col de la Seigne, forse lo spartiacque del mio viaggio.

Uno schianto tra le luci vergini e il buio assoluto, la discesa del tempo negli spazi siderali del Bianco e la risalita algida del giorno in una sinfonia presente solo nella mia testa.

Mi fermo ad osservare la cresta di Peutérey che strappa come un veliero le nuvole cariche di inchiostro per tutte le parole che non ho mai scritto.

Guardo dentro al ghiacciaio della nebbia, quel Brouillard sofferente, un male sordo per cui io stesso ho perso qualcosa.

utmb 2017

Il motivo per cui sono qui è provare a capire che cosa c’è dall’altra parte. Dall’altra parte della montagna, della notte, delle incertezze, delle paure.

Troverò qualcosa, e qualunque cosa sarà andrà davvero bene.

Perché quello che può nascere da un viaggio del genere è quanto di più puro ed onesto si possa avvicinare allo stupore di un bambino.

Il Bianco è sempre al mio fianco, ma è nascosto.

Il Bianco è un pianeta lontano, piantato lì in mezzo, irraggiungibile, ma che mi tiene nella sua orbita.

Da qualche parte lì ci sono anche le Grandes Jorasses, invisibili e gigantesche. La bufera di neve mi accompagna già al Bonatti per poi aumentare lungo la schiena del Grand Col Ferret.

Salgo piano come se avanzassi tra livelli di fatica, ricordo e sogno.

È tutto bianco, è freddo, l’aria è turchese. Vedo una fila interminabile che continua a salire e per un attimo mi sembra tutto senza senso. Mi vorrei fermare ma capisco che in questo momento sto perdendo di vista il mio perché. Piccoli passi, piccoli pensieri semplici. Mi concentro di nuovo con serenità, ho poche esigenze, ho quello che occorre e che è nella mia testa.

Decido che arriverò a La Fouly, berrò un brodo e poi andrò ancora avanti, ristoro dopo ristoro. Dentro e fuori la notte.

Piccoli pensieri semplici e tutto andrà bene.

Mi fermo un paio di volte, pochi minuti in tutto per sprofondare in un minuscolo sonno. La giacca a vento è la mia tana, il mio rifugio, la mia casa.

Gli occhi mi bruciano e sono pesanti, barcollo nei pensieri, vedo volti nelle pietre e nelle radici.

Animali fatti ad albero, un forte odore di resina, una torta appena sfornata, un viso gentile. Qualcuno passa, un altro vagabondo sotto la pioggia. Un fantasma nero e silenzioso ma con l’ombrello. Sorrido perché questo è vero !

A Praz de Fort un simpatico ristoro di paese mi rimette in sesto con un buon the caldo e i colli passano uno dietro l’altro. E poi a La Giete c’è una ragazza dietro ad un falò; potrebbe appartenere a qualunque passato, a qualunque storia.

I suoi zigomi brillano nelle fiamme.

Vorrei che suonasse il violino.

Vorrei che suonasse, sarebbe magnifico.

Ma non mi fermo, voglio uscire da questa notte prepotente o non ripartirò più.

Sto arrivando in fondo al mio viaggio e capisco che potrò terminarlo solo con quello che non ho, con quello che non pensavo di avere forse.

utmb 2017

C’è un sacco di gente in giro, tanti bambini sognanti. Tutti applaudono, è stupendo. Tutta questa storia, la mia storia, è una cosa semplice e non c’è nulla di importante. La mia corsa intorno al Bianco è solo un viaggio iniziato molto tempo fa.

Ma sarebbe bello sapere che negli occhi di tutti questi bambini c’è un piccolo sogno che cresce. Sapere che qualcuno un giorno partirà con umiltà e rispetto per la natura e cercherà ancora di capire che  cosa c’è dall’altra parte di una montagna e ancor prima dall’altra parte di se stessi.

Sono a La Flegere e c’è il sole. C’è il cielo blu e un soffio di aria calda, leggera.

Preamboli d’infinito proprio qui davanti al Bianco.

Manca ancora una discesa e arriverò a Chamonix.

La sensazione che sento è molto simile alla nostalgia perché sto arrivando in fondo e sarà difficile allineare tutte le cose accadute dentro di me.

utmb 2017

Questi sono gli ultimi passi, corro ancora un po'.

Questa è Chamonix in una magnifica domenica di settembre.

Le mani che tocco, gli occhi che incontro, i sorrisi e le urla.

Mi viene in mente quanto è stata lunga la strada che mi ha portato qui proprio adesso. E non c’entra il Bianco, c’entra tutto quello che è accaduto prima.

Ora c’è un’ultima curva e poi l’arrivo. Sbuca fuori un bambino di tre anni, biondo, e mi dà il cinque, proprio in mezzo alla strada, così tanto in mezzo da farmi quasi cadere. Gli sorrido e lo saluto ma lui mi abbraccia, si stringe ai pantaloncini ed è come se non mi volesse lasciare andare, come se avesse visto qualcosa.

Non so cosa fare, gli sorrido di nuovo e lo lascio con dolcezza.

Non so cosa abbia visto in me, ma forse abbiamo vissuto lo stesso sogno.

Lo stesso sogno che forse anche io custodivo quando ero piccolo. Un sogno universale, l’incoscio eterno della bellezza portato dentro di noi già dalla pancia di nostra madre.

Tutto parte da lì, dalle radici.

Allora è questo il mio perché, il senso del mio viaggio; un bambino piccolo che guarda il suo sogno e il suo sogno è il domani.

Alla fine è una cosa così semplice da fare male.

Sono arrivato.

È tutto così semplice come un cerchio Bianco.

Niki